L’esame del Psa (antigene prostatico specifico) non può essere utilizzato in maniera indiscriminata come unico strumento di screening del tumore della prostata, la più frequente neoplasia maschile. La sensibilità del test varia dal 70 all’ 80% , questo significa che il 20-30% delle neoplasie non viene individuato quando il Psa viene utilizzato come unico mezzo diagnostico. Va eseguito solo quando è necessario, cioè dopo i 50 anni, se vi è familiarità diretta per questo tumore (dopo i 40-45 anni) e quando si soffre di disturbi urinari.

Secondo gli esperti non è stabilita una soglia standard in questo esame che indichi con certezza la presenza di un carcinoma e valori elevati possono essere dovuti a un’infiammazione o a un’infezione. In questi casi sono necessari ulteriori accertamenti, in particolare attraverso la biopsia, per arrivare a una diagnosi più precisa. Al tradizionale test di partenza (Psa) si affiancano due marcatori (PHI e PCA3) che consentono di ottenere risultati più specifici e quindi di maggiore, anche se non totale, affidabilità. Non vi sono evidenze scientifiche che stabiliscano l’opportunità di utilizzare lo screening in maniera diffusa sulla popolazione generale, tendenza che aumenterebbe il rischio di sovradiagnosi ed uno scarso vantaggio in termini di riduzione di mortalità. È importante, anche per la sostenibilità del sistema, che venga operato un bilancio tra costi e benefici.

Tuttavia, l’auspicio è creare (così come è stato fatto per il carcinoma al seno con le “Breast Unit”), delle “Prostate Unit”, in cui lavorino in stretta sinergia urologi, oncologi, radioterapisti e anatomopatologi, consentendo di ridurre ulteriormente la mortalità di questa neoplasia. Passi avanti in questi ultimi anni sono stati fatti. E la sopravvivenza media del carcinoma della prostata ormonoresistente infatti è passata da uno a quasi 5 anni. Il carcinoma prostatico un tempo poteva essere trattato solo con la terapia antiormonale, oggi nuovi farmaci chemioterapici e target antiandrogeni hanno cambiato radicalmente le prospettive, anche per la fase metastatica.

Urologo e Andrologo Verona e Pisa Toscana Veneto
Dott. Giuseppe Campo
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