Incontinenza urinaria da sforzo nel paziente maschio sottoposto a Prostatectomia radicale

L’incontinenza urinaria da sforzo, ovvero perdita di urina non controllata in concomitanza dell’aumento della pressione all’interno dell’addome come il colpo di tosse, lo starnuto, il passaggio dalla posizione sdraiata alla postura eretta, nel paziente di sesso maschile è sempre ed esclusivamente conseguenza di un intervento chirurgico eseguito nella regione anatomica della pelvi sulla prostata e/o sulla vescica.
In particolare gli interventi chirurgici che possono esitare in continenza urinaria possono essere:
*Interventi chirurgici endoscopici eseguiti sulla prostata a scopo disostruttivo, per riguadagnare un buon getto minzionale (ad esempio resezione endoscopica di prostata con o senza ausilio di holmio laser, incisione endoscopica del collo vescicale)
*Interventi chirurgici di asportazione radicale della prostata per tumore (a cielo aperto, prostatectomia radicale retropubica RRP, oppure asportazione laparoscopica robotica, RARP)
Il rischio di sviluppare incontinenza urinaria dopo questo tipo di interventi non può essere univocamente descritto e la sua variabilità non dipende solo dall’intervento chirurgico in sé ma anche da numerosi altri fattori legati sia al paziente in sé (età, peso corporeo, eventuali disturbi minzionali già presenti dell’intervento, eventuali altri patologie croniche e/o terapie mediche concomitanti) sia alla patologia urologica, ad esempio nel caso del tumore della prostata, gravità oncologica della malattia, oppure eventuali altri interventi urologici eseguiti precedentemente, come ad esempio nel paziente prima sottoposto a chirurgia endoscopica per ipertrofia prostatica quindi ad asportazione radicale della prostata per tumore.

Il primo approccio proponibile ad un paziente affetto da incontinenza urinaria è sempre di tipo conservativo. In tale ambito il paziente viene indottrinato ad eseguire una specifica ginnastica pelvica volta a controllare autonomamente le perdite urinarie (anche con ausilio di stimolazione elettrica a livello del perineo mediante specifiche sonde endorettali), eventualmente accompagnata da terapia medica specifica con farmaci ad azione rilassante diretta sulla vescica (anche per ridurre la frequenza diurna e notturna della minzione) o farmaci in grado di supportare l’azione contenitiva dello sfintere uretrale e quindi di ridurre la perdita della urina.
Tale metodica, che gode dell’assoluto indiscutibile vantaggio di essere conservativa e con un grado di invasività minima, e sostanzialmente priva di gravi complicanze a breve e lungo termine, può non garantire la completa risoluzione del problema, specie nei pazienti con incontinenza urinaria tale da rendere necessario l’ausilio di pannolini contenitivi.
Una volta confermata la presenza di incontinenza urinaria non responsiva a terapia conservativa di primo livello, può essere presa in considerazione la possibilità di intervento chirurgico correttivo.
Il tipo di intervento che possiamo proporre nei pazienti affetti da incontinenza urinaria non grave consiste nel posizionamento di una piccola benderella (o sling) di materiale del tutto biocompatibile, a livello dell’uretra, al fine di creare un vero e proprio supporto che funge da barriera alla perdita urinaria.L’intervento ha la durata di circa un’ora e viene sempre eseguito con anestesia generale o spinale. Mediante il posizionamento dello sling (per il quale sono sufficienti tre piccole incisioni, una al di sotto dello scroto e due laterali sempre rispetto ad esso) l’uretra viene di nuovo sollevata e posta in tensione, in maniera tale da poter di nuovo supportare il normale meccanismo della continenza urinaria.I due estremi laterali della benderella vengono fissati all’osso del pube a livello dei forami otturatori. Il paziente può rimuovere il catetere vescicale già il giorno dopo l’intervento. È possibile che il paziente necessiti di eseguire degli svuotamenti vescicali con piccoli cateteri monouso per un certo periodo successivo all’intervento.Per poter essere considerati candidabili a questo tipo di intervento è necessaria e fondamentale un uretrocistoscopia durante la quale viene studiato il residuo funzionamento dello sfintere uretrale. Tale metodica può essere presa in considerazione anche nei pazienti sottoposti a radioterapia adiuvante.

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