EPIDEMIOLOGIA
Il carcinoma del rene rappresenta circa il 2-3% delle neoplasie dell’adulto e risulta, come frequenza, la terza neoplasia genitourinaria dopo il tumore della prostata e della vescica. Interessa preferenzialmente il sesso maschile con un rapporto di 2:1. Sebbene esista una forma tumorale di interesse pediatrico, il tumore del rene si verifica tipicamente in età adulta con un picco di incidenza tra la V e la VII decade di vita. L’incidenza del carcinoma del rene è significativamente aumentata negli ultimi due decenni nei paesi occidentali. L’Italia è fra le nazioni con maggior incidenza di tale neoplasia. I possibili fattori di rischio sono il fumo di sigaretta, l’obesità, l’esposizione ad asbesto, ai solventi chimici ed il trattamento dialitico cronico, nonché alcune malattie geneticamente determinate. Circa il 2% dei carcinomi del rene sono ereditari; le due forme principali sono il carcinoma a cellule chiare correlato alla malattia di Von Hippel Lindau (cromosoma 3, suscettibilità a sviluppare tumori del surrene, del rene, emangioblastomi cerebellari e spinali, angiomi retinici, cisti renali, pancreatiche e dell’epididimo) ed il carcinoma papillare ereditario (cromosoma 7). I tumori renali ereditari si caratterizzano per l’insorgenza in età giovane, per la multifocalità e bilateralità .
SINTOMI, SEGNI e DIAGNOSI
L’aumento di incidenza del carcinoma renale è parzialmente correlato all’impiego sempre più diffuso della diagnostica radiologica, soprattutto ecografica, che ha determinato un netto incremento dei tumori incidentali (asintomatici). Essi costituiscono oggi dal 70 al 80% di tutti i nuovi casi di tumore renale.
Il rene si trova in un ambiente particolarmente protetto, ed il suo contatto con l’esterno è attraverso il suo principale prodotto, l’urina. Non ci si può aspettare che il tumore renale si manifesti con dolore a meno che il tumore non invada le zone circostanti od ostruisca il deflusso dell’urina a causa di emorragie con successiva formazione di coaguli. Pertanto, non è sorprendente che i sintomi e segni di presentazione siano spesso dovuti all’invasione locale o alle metastasi a distanza. La classica triade di dolore, ematuria e tumefazione del fianco è presente oggigiorno solamente in un 10% circa dei pazienti ed implica in genere uno stadio di malattia già avanzato. Il reperto più frequente, accanto alla possibilità di una diagnosi incidentale, è l’ematuria macroscopica. La perdita di peso, la febbre, la sudorazione notturna e l’improvvisa comparsa di varicocele nel maschio non sono reperti rari. L’interessamento della vena cava può essere sospettato in presenza di edemi declivi, reticoli venosi superficiali, varicocele di recente insorgenza. Il carcinoma renale è associato ad un ampio spettro di sindromi paraneoplastiche che includono l’eritrocitosi, l’ipercalcemia ed alterazioni della funzionalità epatica non dovute a metastasi. Il carcinoma renale è la causa più frequente di eritrocitosi paraneoplastica che è presente in circa il 3-10% dei pazienti con tale tipo di neoplasia.
Come già detto in precedenza, oggigiorno accade che quasi la metà dei tumori renali vengano diagnosticati incidentalmente, ossia in assenza di qualsiasi disturbo che possa far pensare ad una neoplasia del rene . La frequenza con la quale si riscontrano occasionalmente tumori renali in corso di ecografia o TC è di circa lo 0,5%. I tumori renali scoperti incidentalmente rispetto a quelli sintomatici tendono ad avere una prognosi migliore essendo di dimensioni più piccole e di basso stadio.
L’ecografia presenta un’elevata accuratezza nella caratterizzazione delle masse renali, con il principale vantaggio di discriminare una massa cistica da una solida. Il riscontro di una massa cistica è frequente, essendo presente in circa il 50% dei soggetti con età superiore ai 50 anni. La tipizzazione delle lesioni cistiche comporta la definizione della parete, del contenuto, la ricerca di calcificazioni, di sepimenti interni e di vegetazioni. L’ecografia è in grado di caratterizzare anche alcune neoformazioni solide, quali gli angiomiolipomi, lesioni benigne che per il loro contenuto adiposo si presentano francamente iperecogeni. L’ecografia è una metodica dipendente dall’operatore e la sua accuratezza può essere inficiata dall’habitus del paziente e da una scarsa preparazione intestinale.
La Tomografia Computerizzata presenta anch’essa un’accuratezza molto elevata nello studio delle masse renali (80-88%) con una sensibilità, soprattutto per le lesioni di piccole dimensioni (<3 cm), superiore all’ecografia. Mediante la TC le lesioni cistiche possono essere classificate come benigne in presenza di un contorno regolare e di un contenuto omogeneo ed in assenza di calcificazioni, setti ed enhancement con il mezzo di contrasto. La distinzione fra cisti complicate ed il carcinoma cistico non è tuttavia sempre agevole. Difficoltosa è anche la caratterizzazione di lesioni solide di piccole dimensioni, che istologicamente possono rivelarsi oncocitomi o adenomi. L’oncocitoma è un tumore benigno che rappresenta circa il 3-4% dei tumori renali. Esso si caratterizza come una lesione rotondeggiante, omogenea, con contorni regolari e può presentare una caratteristica cicatrice centrale di aspetto stellato; all’angiografia si può osservare una vascolarizzazione a ruota di carro. Come per tutte le lesioni solide la diagnosi di certezza è comunque istologica. Un discorso analogo vale per l’adenoma che non presenta caratteristiche ultrasonografiche o TC specifiche e la cui differenziazione da un adenocarcinoma ben differenziato, risulta ardua anche a livello istologico. Le dimensioni contenute (< 2,5 cm) non costituiscono una caratteristica sicuramente distintiva dell’adenoma, essendo descritte metastasi anche per neoformazioni di piccole dimensioni. Altre patologie che rientrano nella diagnosi differenziale nei confronti del carcinoma renale sono costituite dal linfoma, dalle metastasi di altri tumori (mammella, polmone, colonretto, utero, ovaio, melanoma), da un’invasione da parte di un tumore transizionale dell’alta via escretrice, dal nefroma cistico multiloculare e da infezioni (ascesso, pielonefrite xantogranulomatosa, tubercolosi).
La RMN non pare presentare una migliore accuratezza nella diagnosi delle tumefazioni renali rispetto alla TC ed il suo uso, considerando anche il maggior costo, è limitato ai casi dubbi e soprattutto ai pazienti con allergia al mezzo di contrasto o con insufficienza renale.
STADIAZIONE
Attualmente sono in uso 2 sistemi di stadiazione del carcinoma renale: il sistema di Robson ed il sistema TNM (Tumuor-Nodes-Metastasis). Il primo considera quattro stadi di malattia in base all’estensione locale del tumore (all’interno o all’esterno della capsula renale), alla presenza di emboli neoplastici nella vena cava o solamente nella vena renale e di metastasi ai linfonodi regionali o a distanza.
TERAPIA
La terapia tradizionale del carcinoma renale è quella chirurgic.
*Nefrectomia radicale LAPAROSCOPICA/CHIRURGICA che comporta l’asportazione in blocco del rene, del surrene, di parte dell’uretere e del tessuto adiposo che circonda queste strutture, oltre all’exeresi dei linfonodi regionali.
*Asportazione della sola massa tumorale con preservazione del rene (Tumorectomia renale Robotica/Laparoscopica): In particolari circostanze, ovvero in presenza di tumori di piccole dimensioni (< 4 cm) specialmente se in sede periferica o tumori in rene unico, è possibile ricorrere ad una chirurgia conservativa (enucleoresezione) asportando solamente il tumore con una piccola parte di tessuto renale che lo circonda, lasciando in sede la maggior parte del rene. Quando applicata con indicazioni corrette, la chirurgia conservativa sembra ottenere risultati oncologici sovrapponibili alla chirurgia radicale.
A tutt’oggi si calcola che nel mondo siano state più di 1000 nefrectomie laparoscopiche/Robotiche per tumore del rene. La sicurezza della metodica e la sopravvivenza a 5 anni sembrano sovrapponibili a quelle osservate impiegando la chirurgia tradizionale. Gli indubbi vantaggi della laparoscopica/Robotica sono rappresentati da una riduzione del dolore post-operatorio, da una ridotta degenza post-operatoria, da un più rapido recupero con ridotta convalescenza e, non ultimo, da cicatrici di minime dimensioni.
Presso la nostra Divisione si effettuano routinaramente sia nefrectomie radicali laparoscopiche che enucleoresezioni /Robotiche-laparoscopiche e tale esperienza si configura fra le principali a livello nazionale.
Recentemente, per il carcinoma del rene, in pazienti selezionati, sono state proposte terapie conservative mini-invasive, quali la crioterapia e l’impiego delle radiofrequenze. Queste tecniche mirano a determinare una necrosi delle cellule neoplastiche mediante, rispettivamente, il congelamento e il riscaldamento. Esse possono essere applicate per via laparoscopica o percutanea, sotto guida ecografica o TC. L’utilizzo di tali metodiche è ancora in fase iniziale ma i risultati preliminari sono promettenti. Tali metodiche trovano una loro elettiva indicazione nei pazienti a rischio anestesiologico elevato (per quanto riguarda le radiofrequenze) o con tumori ereditari (carcinoma papillifero o carcinoma a cellule chiare nella malattia di Von Hippel Lindau). In questi ultimi casi i pazienti possono sviluppare nel corso della vita un numero molto elevato di tumori renali e quindi la possibilità di terapie alternative alla chirurgia reiterata è senza dubbio un notevole vantaggio per la qualità di vita di tali pazienti.
CHEMIOTERAPIA
Il tumore del rene che ha già dato luogo a metastasi viene curato con la chemioterapia, anche se i risultati sono solo parziali: i farmaci che si sono dimostrati più attivi sono la vinblastina, il 5-fluorouracile, il CCNU e l’ifosfamide.
Risultati e speranze sono riposte nell’immunoterapia, cioè in cure che attivino il sistema immunitario del malato contro il cancro: esistono esperienze e studi che utilizzano l’interferone alfa, l’interleuchina 2 e le cellule LAK con diversi risultati. L’ interferone-alfa e l’interleuchina-2 (IL-2) possono ridurre la crescita del carcinoma renale anche metastatico. Il tumore renale è ricco di vasi, quindi una strategia efficace è quella che agisce bloccando l’angiogenesi, cioè la formazione di nuovi vasi che nutrono il tumore. Nei casi avanzati si può ricorrere ai farmaci biologici, in particolare all’anticorpo monoclonale anti-VEGF (sorafenib e sutinib, che agiscono sull’angiogenesi). Più recentemente è stato introdotto anche un altro anticorpo monoclonale, l’everolimus, che ha effetto antiangiogenetico.